Le elezioni 2013 appartengono alla storia e seppur a rilento, analisi e contro-analisi, ci stanno facendo metabolizzare il risultato. Le acque dello tsunami si stanno ritirando e questo permette una più attenta osservazione di quello che è stato e di quello che è restato. Fino a ventiquattro ore dall’apertura dei seggi non si parlava che di maggiore equità nella ridistribuzione dei sacrifici, prospettive e progetti per la crescita, rinnovata attenzione per il mondo del lavoro e per la sua ripresa. Oggi le priorità ed i tag più comuni sono Governissimo, legge elettorale, costi della casta, definizione della casta etc. Tutti argomenti mai o mal trattati che esigono una necessaria presa di posizione ma che, oggi, non possono essere anteposti alla più sentita e più generalizzata delle priorità: il Lavoro. Si pretende dagli assedianti e dagli assediati di dar seguito a ciò che è stato detto in campagna elettorale, non fosse altro per non identificarli come simili o peggiori dei loro predecessori. Il punto sul quale vale la pena cercare e trovare un comune procedere è ridare valore e dignità alla parola Lavoro. Si potrebbe iniziare con il restituire tutti quei diritti che la foglia di fico della crisi ha eroso a quei fortunati che un Lavoro ancora lo posseggono, oppure si potrebbe procedere nel rivedere tutti quei contratti atipici che, inventati da illuminati giuslavoristi per facilitare l’incontro tra domanda ed offerta, sono diventati, nel tempo, la scorciatoia per eludere quei pochi diritti ancora rimasti. Ancora, si potrebbe trattare seriamente la questione di tutte quelle professioni non riconosciute che, pur se richieste, nel loro stato indefinito non fanno altro che sminuire le professionalità che faticosamente si sono apprese. Magari, nel contempo, si potrebbe intervenire sulla zavorra dell’eccessiva tassazione ed improntare nuove politiche per cercare di reinserire i fuoriusciti dal mondo del Lavoro e cercare di facilitarne l’accesso da parte dei giovani. Si potrebbero fare tante cose e tanto tempo si potrebbe dedicare a questa nuova piaga sociale ed allora qualunque accordo o alleanza sarebbero capiti e giustificati da tutti noi. L’appello è che si recuperi l’umiltà di agire per il bene di tutti smettendola di pensare al raccolto del proprio orticello. Le battaglie dettate dai personalismi producono vittorie vane che passano e macerie pesanti che restano. Ai politici, nuovi e vecchi, chiedo di pensare al bisogno della gente di coltivare la speranza di una vita libera e dignitosa e ciò è possibile solo se si pongono le basi per una nuova cultura del Lavoro dove il Lavoro stesso sia il fulcro dello studio e dell’azione di chi altro non è che delegato a decidere ed agire nel nostro interesse.
Tony Mariotti 03/03/2013